Screenshot 2024 12 06 at 12 43 24 chi era raffaele cutolo Cerca con GoogleLa carriera criminale di Cutolo parte nel 1963, quando ha solo 22 anni. Uccide un giovane durante una rissa sul corso principale di Ottaviano. Viene condannato all'ergastolo, pena ridotta in appello a 24 anni. Da allora comincia la sua lunga detenzione, con ergastoli che si sommano in maniera direttamente proporzionale alla sua ascesa criminale: nel 2021 sono quasi 53 gli anni che ha passato in carcere di continuo (escludendo un anno di latitanza, dalla fuga dal manicomio giudiziario di Aversa, il 5 febbraio 1978, all'arresto ad Albanella nel maggio del 1979), di cui 39 in isolamento totale (a partire dal 1982, dieci anni prima che fosse introdotto il 41 bis).

Durante la detenzione a Poggioreale fonda la "Nuova Camorra Organizzata" (NCO), organizzazione paramilitare ispirata alle liturgie ndranghetiste, mutuate nel giuramento di Palillo, e che aveva il riferimento nel culto di una sola personalità: la sua. È lui "il Vangelo", quello che secondo le sue leggende ha ricevuto l'incarico dai cavalieri che fondarono la camorra e che si accordarono nelle stanze del Palazzo Mediceo di Ottaviano, il castello che compra e che diventa il simbolo del suo potere. Dopo questa vicenda, e in seguito all'omicidio del capo della Squadra Mobile di Napoli, Antonio Ammaturo (il 15 luglio 1982), Cutolo su decisione del presidente Sandro Pertini viene spedito in isolamento nel carcere-bunker dell'Asinara, per spezzare il suo legame con gli affiliati nelle carceri.

Col passare degli anni il potere della NCO cresce a dismisura, soprattutto grazie al sistema di welfare instaurato da Cutolo. Coi soldi delle estorsioni e delle attività illecite riesce a corrompere chiunque. Il vitto dei carceri dove viene trasferito migliora, tra i suoi beneficiati rientrano per lo più i detenuti prossimi alla scarcerazione, che così vengono arruolati nella sua organizzazione. E ben presto la NCO entra in contrasto con gli altri clan, che si coalizzano: alla fine degli anni '70 nasce la Nuova Famiglia, composta dalle più potenti organizzazioni criminali dell'epoca: tra questi i Bardellino, i Vollaro, i Nuvoletta, i Giuliano, gli Alfieri, i Gionta, i Zaza e tutti gli altri principali vecchi clan. Con un alleato di rilievo: Cosa Nostra, di cui i Nuvoletta erano la diretta emanazione in Campania, che all'epoca è guidata da Totò Riina .

I contrasti esplodono quando Raffaele Cutolo impone una tangente ai contrabbandieri. In realtà è un pretesto: l'obiettivo è scacciare dalla Campania i siciliani, a cui sono legati i Nuvoletta e gli Zaza, questi ultimi egemoni nel contrabbando di sigarette. La guerra miete centinaia di vittime, tra cui molti innocenti e vendette trasversali. Alla fine il conflitto che insanguina la Campania si conclude con la vittoria della Nuova Famiglia, che poco dopo si sfascia per conflitti interni. Molti fanno risalire l'inizio del declino di Cutolo alla "trattativa" con pezzi di Stato deviato per il rilascio dell'assessore regionale alla Casa Ciro Cirillo, sequestrato dalle Brigate Rosse. La sua liberazione avviene tramite intrecci mai del tutto chiariti tra terroristi, Nco e i servizi segreti deviati.

Il 17 giugno 1983 vengono arrestate oltre 800 persone. Sono tutte ritenute legate alla camorra di "don Raffaè" come lo chiamò in una celebre canzone Fabrizio De André. Il maxiprocesso vede alla sbarra 158 esponenti del gruppo criminale, tra Raffale Cutolo e quelli che occupavano i vari livelli dell'organizzazione: picciotto, camorrista, sgarrista, capozona e, al livello più alto, il santista, ovvero il braccio destro del super boss. Gli imputati sono 711, è il più grande processo mai tenuto sino a quel momento, viene appositamente allestito uno spazio all'interno del carcere di Poggioreale. Tra gli arrestati c'è di tutto: camorristi, ma anche religiosi, imprenditori, uomini di legge. E c'è anche il presentatore Enzo Tortora, tirato in mezzo dai pentiti, che da quel processo non si riprenderà mai più: viene riconosciuto innocente soltanto nel 1987, insieme ad altri 101 imputati.

Raffaele Cutolo è uno che rompe gli schemi, e anche questo contribuisce a costruire intorno a lui un'aura di leggenda e lo differenzia dagli altri boss della camorra. Anche durante i processi, quando sa che stanno per arrivare altri decenni di carcere, non perde la compostezza. Anzi, scherza. Prende in giro i giornalisti, i pubblici ministeri. Celebri sono diventate le interviste da dietro le sbarre col giornalista Giò Marrazzo: "Qualche volta mi sono allontanato, come da Aversa. Allontanato, non evaso. Un po'… rumorosamente". Il riferimento è alla fuga dal manicomio criminale di Aversa, quando i suoi affiliati fecero saltare il muro di cinta con una carica di tritolo.

Oppure quando gli chiedono della guerra di camorra con la Nuova Famiglia, dei 200 morti in un anno e mezzo. "Il terremoto, il terremoto", risponde lui. Il giornalista lo incalza: "No, quelli morti ammazzati". Cutolo sa di essere l'uomo del momento, che quello che dirà rimbalzerà ovunque. La sua risposta è studiata: "Ah, i morti ammazzati. Qualcuno c'aveva l'abbonamento con le pompe funebri… e fa i morti, no?". Su vita e ascesa del Professore nacque un film poi diventato cult tra i giovanissimi, mandato in onda migliaia di volte dalle tv private napoletane: è "Il Camorrista", di Giuseppe Tornatore con musiche di Nicola Piovani. A Cutolo non piacque affatto il ritratto e fece di tutto per ostacolarlo legalmente. Ma non vi riuscì.

Le condanne

Al termine dei vari procedimenti scaturiti negli anni '80, Cutolo rimediò due ergastoli nel 1986 al termine del processo per gli omicidi del boss Antonio Cuomo e della moglie Carla Ciampi, un ergastolo nel 1987 in qualità di mandante dell'omicidio di Giuseppe Salvia e uno nel 2001 per quello di Marcello Torre, sentenza confermata in Cassazione nel 2002.

Nel 1987 Cutolo venne trasferito a Cuneo, quando ormai la sua organizzazione non esisteva praticamente più. Quella piemontese è una delle tante case circondariali che vedranno “ospite” O’ Professore, come Poggioreale, Ariano Irpino, Bellizzi Irpino, Ascoli Piceno, Asinara, Belluno, Novara.

Nel 1990 suo figlio Roberto Cutolo, in soggiorno obbligato a Tradate in Lombardia, venne ucciso da uomini della 'ndrangheta di Franco Coco Trovato, come favore a Mario Fabbrocino, che in cambio uccise per il boss calabrese il rivale Salvatore Batti.

Il tentativo di collaborare e la marcia indietro

Nel 1994 Cutolo decise di collaborare con la giustizia, dopo un anno costretto al regime carcerario del 41-bis. Tuttavia, dopo aver riempito diverse pagine di verbali, fece marcia indietro, secondo il procuratore Franco Roberti dopo pressione dei servizi segreti.

Il matrimonio con Immacolata Iacone

Nel 1983, Cutolo, allora 42enne, sposò Immacolata Iacone, giovane di appena 19 anni, nella chiesa di Cala d'Oliva. La cerimonia, celebrata da don Giorgio Curreli, storico cappellano dell'Asinara, inevitabilmente fece scoppiare un mare di polemiche. Nonostante la carcerazione, il 30 ottobre 2007 il boss divenne padre di Denise, nata grazie all'inseminazione artificiale.

La morte

Cutolo morì a 79 anni nel reparto sanitario detentivo dell'ospedale Maggiore di Parma il 17 febbraio 2021, a causa di una setticemia del cavo orale, conseguenza di una polmonite bilaterale. La salma venne tumulata quattro giorni dopo nel cimitero di Ottaviano.