Non è affatto detto. Anzi, ci sono alcuni elementi che farebbero pensare il contrario. Nella casa di ringhiera di via dei Pini viene trovato un pacco di biscotti e uno scontrino fiscale battuto proprio quella domenica. La suoneria della sveglia è puntata alle 8,10, l’ora in cui alzarsi per prendere il treno per Corniglia. Eppoi c’è quella tazzina di caffè, bevuta a metà e abbandonata sul tavolo di cucina, e i soldi lasciati in bella vista su un mobile del tinello. Gabriella, che tutti descrivono come “metodica e ordinata” certo non può averli abbandonati lì dal sabato precedente ben sapendo, per di più, che l’indomani non sarebbe rientrata che a tarda sera. Ma se domenica sera la donna è arrivata a casa, non aveva più alcun bisogno di accettare passaggi da chicchessia, ammesso che fosse donna da accettare passaggi. Non ne aveva più la necessità visto che aveva l’auto posteggiata sotto casa. E allora? E allora, visto che la sua Fiat 127 è rimasta lì dov’era, parcheggiata in via Sage, lei è uscita di casa con qualcuno che conosceva e che è andato a prenderla. Ed è uscita in fretta, pensando di rientrare poco dopo.

È questa la seconda pista che imboccano le indagini: l’assassino deve essere cercato nella cerchia delle conoscenze di Gabriella. Gli amici della donna vengono interrogati tutti, più volte. I loro racconti vengono passati al microscopio e verificati nei minimi dettagli. Ma c’è un problema. La perizia necroscopica effettuata dai medici legali Giorgio Chiozza e Ugo Bettocchi ha accertato le cause della morte per strangolamento, ma non ha potuto fornire un’indicazione certa sull’ora in cui è avvenuta. La decomposizione del cadavere era stata a tal punto accelerata dall’esposizione al sole e al calore da impedire qualsiasi ipotesi al riguardo. Gli investigatori, dunque, non hanno un’ora precisa sulla quale verificare l’alibi fornito dalle persone interrogate. Ipotizzano che l’assassinio sia avvenuto fra la tarda serata di domenica 2 agosto e la notte di lunedì.

Fra tutti gli amici e conoscenti di Gabriella, l’attenzione degli inquirenti si incentra comprensibilmente su Mauro Gandini. Interrogato, l’imprenditore sanmargheritese non nasconde la relazione che lo univa alla vittima ma è anche in grado di fornire un alibi di ferro per la serata di domenica: era ad una festa in una villa di amici a Santa Margherita e ci sono almeno venti persone che possono testimoniarlo. E tutti se lo ricordano molto bene anche perché quella sera Gandini si era fatto, per così dire, notare non poco: aveva alzato un po’ troppo il gomito ed era caduto in piscina, vestito di tutto punto.