Giulia Tofana nacque a Palermo a ridosso del quartiere del Capo, dove avveniva il mercato degli schiavi, fra il Cinque e il Seicento. Secondo alcune fonti era una sorta di ‘figlia d’arte’ perché sua madre Maddalena era dedita alla prostituzione. I pettegolezzi la vorrebbero nipote di Thofania d’Adamo, giustiziata il 12 luglio 1633 per aver avvelenato il marito Francesco. Dalla zia, dunque, Giulia avrebbe ereditato quelle conoscenze sui veleni che, pochi anni più tardi, avrebbero fatto la sua fortuna.
Giulia viveva nel malfamato quartiere del Papireto dal quale voleva fuggire e riscattarsi. E non le fu difficile realizzare il suo desiderio dal momento che, pur non essendo istruita, era una ragazza attraente e molto intelligente. Dopo aver tentato di sbarcare il lunario prostituendosi, diede la svolta alla propria vita perfezionando quella che verosimilmente era stata una pozione velenosa usata della zia e con ogni probabilità scoperta, da quest’ultima, in modo fortuito.
Siffatta pozione aveva una proprietà eccezionale: sebbene letale, la mistura poteva essere propinata alle ignare vittime durante i pasti senza destare sospetti.
Si trattava di un intruglio a base di acqua, anidride arseniosa, limatura di piombo e antimonio, oltre al succo di bacche di belladonna (pianta medicinale tra le più pericolose diffuse nell’area mediterranea che contiene un alcaloide, l’atropina, dall’effetto rapido ed inesorabile, e funziona come antagonista di alcuni neurotrasmettitori, diminuendo le secrezioni bronchiali, fermando l’azione del nervo vago e modificando il battito cardiaco).
Leggendo gli scritti del medico di Carlo VI d’Austria, l’anidride arseniosa nell’acqua creava un ambiente acido consentendo lo scioglimento del piombo e dell’antimonio, creando una soluzione dotata di elevata tossicità. Sono ignote le esatte dosi di ciascun ingrediente, ma il preparato riusciva a trasformarsi in una sostanza in grado di uccidere un uomo in quindici giorni senza destare sospetti. Fondamentale era versarne poche gocce al giorno per provocare un disturbo intestinale, lasciando immacolata la reputazione della povera vedova.